La Fan Fiction di Hyuuki Vi Britannia per Evento Fan Fiction 2010 di Palermo In Cosplay

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Hyuuki Vi Britannia
view post Posted on 20/3/2010, 14:53




Titolo: Veglia Funebre per Diavoli
Tipologia: Canon *
Categoria: Anime - Kuroshitsuji
Genere: Introspettivo, Erotico

* Alcuni potrebbero non concordare con me, al riguardo XD.
In breve, si tratta di una shounen-ai (il sesso è presente, ma, secondo il migliaio di persone a cui ho domandato un parere, non in termini tanto espliciti da violare il regolamento del concorso... spero di non aver fatto danno T____T) sulla coppia SebxCiel, in merito alla cui canonicità il fandom è ancora in "fase di riflessione". La ragione che mi ha spinta ad optare per tale tipologia, dunque, deriva sia dal mio tentativo di rendere fedelmente le personalità di Sebastian e Ciel sia, beh, dal fatto che il mio brano è stato ispirato dalla visione dell'anime (e, soprattutto, delle sue ultime e struggenti puntate **), i cui numerosi riferimenti "shounenaizzanti" risultano, a mio avviso, poco fraintendibili.
Chi non ama il genere farebbe comunque meglio ad astenersi dal proseguire XD.


***



-Come ti è saltato in mente di strappare i bottoni?-
Fu il tono indignato, esausto, del suo capriccioso signorino ad infrangere l’ermetica coltre di silenzio inspiegabilmente scesa ad avvolgere la stanza, spingendo Sebastian a girarsi nella sua direzione.
-Ho pensato che le circostanze del momento, per loro stessa natura, si prestassero bene a qualche innocua infrazione dell’etichetta.- rispose, soltanto, un sorriso gentile dipinto sul viso.
-Non dire idiozie. Ripara quella camicia al più presto, piuttosto.-
Accidenti, doveva tenerci sul serio.
Riflettendoci meglio, in effetti, era stato imperdonabile, da parte sua, danneggiare con tale disinvoltura un capo d’abbigliamento del suo giovane padrone, pretendendo addirittura d'accampare scuse che giustificassero il proprio agire.
Ahi ahi, ne aveva di strada da fare, ancora, per diventare davvero un maggiordomo perfetto.
C’era da dire, comunque, che avrebbe potuto affermare d'aver compiuto un passo se non altro indubbiamente inconsueto ed originale, quella notte, lungo il cammino che l’avrebbe condotto a raggiungere quell’ideale di perfezione; non era del tutto sicuro, in realtà, che una cosa del genere facesse parte delle mansioni classicamente attribuite al suo ruolo, ma aveva immaginato che, se anche così non fosse stato, l’ordine del signorino sarebbe bastato a legittimarla. Anche soltanto come festeggiamento per i quindici anni appena compiuti da quest’ultimo, magari.
Non che, per lui, il sesso con un bambino rappresentasse un problema, naturalmente.
Era rimasto soltanto… chissà… un po’ spiazzato dalla richiesta, forse?
Non l’aveva prevista.
Era abituato ad individuare e a riconoscere il desiderio, lussurioso e lascivo, negli occhi di chi lo guardava; si trattava della norma, d'una sorta di noiosa e spesso scocciante routine. Ma, doveva ammetterlo, non aveva mai provato a ricercarlo nello sguardo di Ciel.
Non credeva fosse necessario. Non aveva mai nemmeno preso in considerazione quell’eventualità.
Ah, che terribile mancanza, da parte sua.
Aveva stabilito di dovervi rimediare, in qualche modo. Non senza prima, però, far notare al suo signore quanto suonasse sconveniente l’ordine appena impartitogli; realizzabilissimo, ovviamente, come ogni altra sua volontà, ma comunque scarsamente in linea sia con il compito da lui svolto sia con l’immagine e l’educazione da aristocratico che entrambi avevano interesse a far prosperare.
-Non sta bene, per un giovane conte come lei, giocare con la servitù.- si era limitato a rispondergli, dunque, riservandogli un divertito sorrisetto di rimprovero.
Chiaramente, aveva messo in conto che una simile osservazione non sarebbe stata affatto sufficiente a far desistere il suo padrone, sempre così adorabilmente ostinato. In fondo, era proprio quello uno degli aromi più appetitosi della sua anima.
Tuttavia, beh, non avrebbe potuto non riconoscere d'essere stato colto di sorpresa, per la seconda volta nel giro di pochi secondi, dalla replica rivoltagli.
-Cos’è…- aveva cominciato Ciel, con un’espressione arrogantemente sfrontata che, se soltanto non avesse fatto del proprio autocontrollo un vanto, Sebastian avrebbe letto come un evidente ed irrifiutabile invito a morderlo -… temi forse che, in quel campo, non riusciresti ad essere un maggiordomo perfetto?-
Ooooh, allora si andava sul personale!
Su questioni d’orgoglio, d’onore, di dignità professionale. Una sfida, pura e semplice, assolutamente deliziosa.
Come avrebbe potuto rifiutarla?
Stuzzicato da questi pensieri, il suo sorriso si era fatto assai più sottile, venato da vistose ma eleganti sfumature di malizia. Feline, per la precisione, o così le avrebbe descritte se avesse voluto attribuir loro una definizione.
Gliel’aveva detto.
Che non sarebbe stato il sesso, a fare di lui un adulto.
E, soprattutto, che mai, mai nella vita il tocco di un demone avrebbe potuto scacciar via le impurità da un corpo marchiato a fuoco.
L’aria sicura, impudente del ragazzino aveva vacillato per un istante, a quelle parole.
Mai nella vita.
Mai le carezze di un demone avrebbero potuto far dimenticare, a quella pelle e a quella carne, il sangue che le aveva sporcate, le lame da cui erano state straziate.
Mai, nemmeno se fossero state le più delicate, le più dolci del mondo.
E non lo sarebbero state.
Non lo sarebbero state, troppo ardente il bisogno dell’uno di provare dolore, quasi vedesse in esso una forma di espiazione, ed altrettanto determinato il desiderio dell’altro di adempiere a quella tacita richiesta.
Perfino divertendosi un po’, nel farlo.

Uno degli aspetti più interessanti fu costituito dalle labbra.
Morbide, perfettamente disegnate e rosse come quelle di una bambola di porcellana, facilissime da corrompere.
Non lo fece subito, no.
Era il suo prezioso, prezioso signorino, quello, e non aveva la minima intenzione di farlo gridare così presto.
Non perché temesse che qualcuno potesse accorrere. Prima di prenderlo in braccio e spingerlo a distendersi lungo il materasso, infatti, aveva avuto cura di chiudere a chiave la porta della stanza, con uno scatto sordo che, se n’era accorto nonostante Ciel avesse cercato di non darlo a vedere, ne aveva fatto tremare le spalle.
Non per quello.
Soltanto, ci sarebbero stati altri momenti in cui avrebbe avuto modo di strappargli urla più gustose.
Lo baciò piano, dunque, assaporandone le labbra con una serie di rapidi e ripetuti assaggi, tanto lievi da apparire quasi timidi, reverenziali; un contatto soffice, la sensazione di star leccando dello zucchero.
Davvero buona. Quella bocca di bambino.
Buona, un po’ troppo. Se lo fosse stata meno, avrebbe indugiato qualche attimo in più prima di violarla volluttuosamente con la lingua, quest’ultima che andava all’esigente ricerca della compagna con cui intrecciarsi, sciogliersi, intrecciarsi ancora.
Un mugolìo, lo udì benissimo. E lo ignorò con la medesima facilità.
Cos’erano, quei capricci?
Provocarlo, con tanta intrigante prepotenza, per poi protestare?
Non era per una cosa del genere che avrebbe dovuto spendere mormorii lacrimevoli. Ci sarebbe stato tempo, per quelli, occasioni più appropriate.
Il momento in cui avrebbero finalmente tirato le somme del patto che li legava, ad esempio. Non lo sapeva ancora, quel ragazzo, che l’anima gli sarebbe stata sottratta con un bacio.
Non era sua abitudine, in realtà, strappare in quel modo le anime di cui si cibava, ma aveva deciso da tempo che si sarebbe trattato del metodo che avrebbe adottato con il signorino, assolutamente.
Veloce, raffinato. Romanticamente grottesco, in un certo senso.
Esattamente come il bacio in cui gli aveva catturato le labbra, stringendogli con cauta fermezza il mento fra le dita di una mano, per impedirgli di sfuggirgli.
Fu quasi tentato di rivelarglielo.
Annunciargli che avrebbe detto addio alla propria esistenza in circostanze analoghe, baciato in modo ugualmente dispettoso e superbo, quando fosse giunto il momento.
Gliel’avrebbe rivelato, sul serio, se soltanto quel pensiero non avesse cominciato a stordire perfino lui, con le promesse d'appagante soddisfazione di cui si faceva portavoce.
L’anima di Ciel.
Sarebbe bastato così poco per portargliela via, senza nemmeno smettere di esplorargli famelicamente la bocca… anzi, avrebbe soltanto dovuto continuare.
Fu per questo che s’interruppe.
Non poteva esser messa in conto, un’ipotesi di quel genere.
S’interruppe, di colpo, portando la lingua a proseguire la propria impetuosa indagine altrove. Appassionata, ambiziosa, fin troppo audace nell’accarezzare languidamente ogni lembo di quella pelle di miele che ne attirasse l’attenzione, le labbra pronte a giocarvici con peccaminoso trasporto.
A lungo, a lungo.
Audace.
Gli sembrò di sentire il signorino rimproverare quella sua eccessiva disinvoltura, ma il sospiro spezzato con cui quell’ordine gli venne impartito lo fece sentire piacevolmente legittimato a non rispettarlo.
Un corpo marchiato a fuoco.
Si domandò se il suo giovane padrone non avesse desiderato proprio questo, altre tracce a coprire quel simbolo d’infamia. Sebbene vili, sebbene sporche anch’esse.
Fu per questa ragione che si attardò con deliberata lentezza su quei segni paurosamente scarlatti, ridisegnandone più volte i contorni di baci, fino a quando non sentì le dita del ragazzo affondargli morbidamente fra i capelli, come per trattenerlo lì.
Che attendesse. Che attendesse ancora un po’, per pregarlo di non spostare mai più il viso.
Che attendesse fino a quando non l’avesse avvertito spostare il capo più in basso, la sua bocca mangiarlo tanto, tanto più intimamente.
Ecco, adesso avrebbe potuto gridare.
Gli piacque, quell’urlo. Molto.
Gli piacquero tantissimo i gemiti soffocati, i singhiozzi da cui lo sentì intervallato.
Fu soltanto per continuare ad udirli, che non osò mostrargli il sorrisetto maliziosamente compiaciuto che, una volta terminato quel giochetto, non esitò a curvargli le labbra.
Le mani, poi.
Le mani, un’altra cosa estremamente interessante.
Non le proprie, non quelle intente a scoprire, memorizzare ogni angolo di quel corpicino di stoffa, coinvolgendolo in una danza squisitamente erotica. Non le proprie, bensì quelle di lui, del suo adorato padroncino, piccole ed innocenti.
Innocenti, da morire.
Le baciò diverse volte, con fare genuinamente principesco, prima di cominciare ad infrangerne l’ingenuità.
Piano, senza fretta, guidandole con infinita e quasi intenerita pazienza. Ma irremovibilmente.
Non c’erano scuse, nulla che potesse sottrarle all’obbligo di rifugiarsi lì dove lui le conduceva passo dopo passo, imponendo loro di prendere ardita confidenza con il suo corpo, lo sguardo furbo e curioso.
Gli accarezzava la fronte, le guance, di tanto in tanto, per aiutarlo a rilassarsi un po’.
Ma non ne aveva davvero intenzione. Gli piaceva anche quello, vederlo preda di un simile, imbarazzato disagio, la sua aria d'astuta strafottenza sostituita da una molto più infantile, commoventemente disarmata.
Proprio carino.

-Com’è crudele, mio signore.- rispose, infine, all’ordine di ricucire la camicia di cui aveva fatto saltare i bottoni nello sfilarla, il tono ironico almeno quanto lo sguardo allusivo -Non lo sa che chi seduce e poi abbandona cuori sinceramente devoti è destinato a bruciare tra le fiamme dell’inferno?- domandò, sorridendo seraficamente e dando voce con un’innaturale tranquillità, in così pochi secondi, ad un’infinità di riferimenti provocatori.
Ciel, che gli dava la schiena, non si mosse di un millimetro, né diede segno di voler ribattere.
Beh, come non detto.
Avrebbe rimesso tutto in ordine, si sarebbe rivestito ed avrebbe aiutato lui a fare altrettanto, per poi congedarsi con la consueta discrezione.
Aveva provato ad assecondare quella tipica abitudine umana di fare quattro chiacchiere, dopo aver vissuto esperienze del genere, ma evidentemente il suo signorino non faceva parte dalla cerchia più ampia e comune di uomini.
Sorrise allegro, fra sé e sé.
Di questo si era accorto già da tempo.
-Sarà… così doloroso?-
Fu quella domanda, giunta totalmente inaspettata, ad interromperne il corso di riflessioni, proprio mentre stava per alzarsi dal letto.
Si volse a guardare il ragazzino, in silenzio.
Ah, adesso capiva.
Capiva d'aver provato la sua stessa sensazione, nell’entrare in quel corpicino accaldato e sfinito, che pure continuava a stringerlo con tanta foga. Sentirlo urlare, ancora, un suono giunto alle sue orecchie in una forma perfino più invitante della precedente, tremare come una foglia, supplicarlo per qualcosa; si augurò che gli avesse chiesto di abbandonarsi totalmente a quella stretta e non di smorzarne la frenesia, perché lui aveva spinto più forte.
Appetitoso, ingenuamente sensuale, così tanto.
Non c’era poi molta differenza fra il prenderne l’anima e il prenderne il corpo.
L’anima, che l’aveva attratto in virtù di quel suo irresistibile connubio di purezza e tenebra, ancor più seducente proprio perché incarnata in un fisico infantile.
Il corpo, innocente ed immaturo, appena infettato proprio da lui.
Quel fascino, identico.
Si era quasi ritrovato a sperare di ricevere tali ordini più spesso, in futuro, in modo da usarli come piacevoli palliativi, eccitanti anticipazioni del momento in cui avrebbe reso realmente suo quel signorino, del tutto.
E per sempre, in un modo che i mortali non avrebbero nemmeno potuto concepire, il sesso da loro usato come mero sostituto di lega inferiore, più gretta.
Rimase a scrutare Ciel, senza replicare, per alcuni interminabili istanti.
Dopodichè, con un balzo elegante e silenzioso, si pose nuovamente sopra di lui, bloccandogli le gambe con le proprie ed afferrandogli delicatamente il viso, in modo da costringerlo ad osservarlo.
Gli scostò alcune ciocche di capelli dal volto, con misurata lentezza.
Quell’occhio, il simbolo impresso su di esso. La fascia nera con cui era solito nasconderlo gliel’aveva strappata via poco prima, lui stesso, mentre lo prendeva.
Per incontrarne lo sguardo, per impedirgli di volgerlo altrove. Per imporgli di tenerlo fisso su di lui, fino alla fine.
Ne sfiorò con le labbra le palpebre chiuse, lievemente, per poi chinarsi verso un suo orecchio.
-Non ha sentito nulla, ancora.- sussurrò, soltanto, con una serena gentilezza terribilmente in disaccordo con l’atroce premonizione espressa dalle sue parole.
Sollevò il volto, di poco, la distanza fra esso e quello del ragazzino ridotta ad un soffio.
Gli sorrise, con garbo. Quasi malinconicamente.
Notò l’espressione di Ciel farsi esitante, poi consapevole, come se avesse appena preso coscienza di quanto rivelatogli.
Poi fragile, fragile. Mai tanto vistosamente.
-E sarà… così dolce?-
Ok, questo lo stupiva sul serio.
Non se l’era aspettato. Né lo comprendeva.
Poteva esser stato dolce, per quel bambino, il sesso con un demone che, nel toccarlo, non aveva fatto altro che pensare a quanto desiderava divorarlo?
Perchè non aveva fatto altro. Null'altro, sul serio.
Poteva vantare un sapore dolce, perfino per gli umani, quella fame insaziabile e perversa?
O per lui, per Ciel soltanto?
Per Ciel soltanto… e soltanto perché era suo?

Rimase interdetto per qualche secondo, poi sorrise di nuovo.
Era davvero rilassato, adesso.
Aveva decisamente capito.
-Oh…- fece, avvicinandoglisi di più -… non ha idea di quanto.- e lo baciò, ancora.
Non gli avrebbe rubato l’anima, con quel bacio.
Ma il cuore, forse, e per il momento gli era sufficiente.
 
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