La fanfiction di Dulciamara per evento Fan Fiction 2010 di Palermo in Cosplay

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Dulciamara
view post Posted on 15/3/2010, 02:32




Titolo: Vagrant Of Night
Categoria: Videogiochi - Devil May Cry
Tipo: Canon
Genere: Introspettivo, Action, Horror

***



Era travolto dalle emozioni più ovvie che potesse provare in quel momento, quasi come se ogni baluginio dorato che riusciva ad osservare dalla sua postura fosse quasi un dettame di ciò che voleva fare.
Forse il camminare spedito per una desolata stradina della sua città era quasi un obbligo, forse per cercare quel qualcosa che ogni sera lo animava come un dannato mostro, o forse era per semplice diletto che nelle ore più oscure della notte si aggirava indisturbato, aspirando l’acre odore di bruciato della benzina proveniente dalle macchine lontane, il vago sapore della cena ancora ad aleggiare tra i muri delle case, oltre le finestre di poco aperte per far entrare la brezza estiva.
Quasi percepiva ciò che trasmettevano nelle televisioni vicine, un vociare sordo e continuo che andava da improbabili talk show, a noiosi tele-quiz truccati, a frasi da film contorti che nella trama potevano vantare un numero improbabile di eventi catastrofici.
Gli sfuggì un sorriso nel notare tutti quei dettagli in una sola volta, ma non indagò oltre, quasi nervoso nel constatare che qualunque genere di distrazione in quel momento poteva costargli una gran brutta giornata.
La passeggiata poteva anche passare per vera, la cena nel suo locale preferito quasi un’abitudine, la birra bevuta in solitario silenzio ed un breve dialogo con la cameriera che da qualche tempo gli aveva messo gli occhi addosso: semplice facciata, o forse no.
Da un lato, ogni suo aspetto era reale, esistente. Dall’altro, non vi era mai abbastanza precisione nel descrivere di quanto terrore fosse capace.
Una paura che svicolava stretta tra le spire serpeggianti che si propagavano da lui, come ondate fredde e calde che erano in grado di mandare in tilt qualunque genere di dispositivo elettronico, se solo lo avesse voluto.
Oppure, poteva semplicemente incutere quella paura di cui era fautore a coloro che meritavano la sua furia. Una spietata vendetta che a poco a poco aveva quasi seviziato la sua anima, per trasformarlo proprio in ciò di cui aveva più timore.
All’inizio, era stato quasi istintivo gettarsi nell’impeto e nel travolgimento di una battaglia facendo uscire allo scoperto il lato più demoniaco di sé. Anche le trasformazioni erano semplici e spontanee, ed ogni giorno che passava era quasi una flebile carezza di paradiso per il suo spirito turbato.
Combattendo, cacciando, massacrando, trovava la sua libertà, la sua vera espressione di potere. Trovava sé stesso nel sangue fetido dei demoni che sterminava con indicibile prodigiosità. Almeno finché non si rese conto che lui stesso stava diventando ciò che uccideva con tanta brama.
Lo scoprì un giorno, fissandosi in uno specchio scuro venutosi a creare vicino al corpo martoriato di un demone, il sangue nero che brillava alla pallida luce della luna e dei lampioni. Percepì nel suo sguardo lo sprezzante sdegno per la sua dualità, mentre la bestia assetata di dolore gli graffiava il petto per poter uscire di nuovo allo scoperto.
Aveva quasi avuto paura, in quel momento. Paura di non riuscire più a essere sé stesso.
Il potere poteva consumarlo, proprio come qualsiasi altro essere umano, e la sua mezza-natura era lì a dare ragione alla sua agitazione.
Cacciare era il suo lavoro, non la sua vita. La sua esistenza non sarebbe mai stata del tutto normale, ma non avrebbe mai permesso al suo odio e alla sua vendetta di renderlo un mostro tale e quale a quelli che rispediva all’Inferno.
In questo lo avevano aiutato svariate volte alcune donne, quasi uguali a lui, indubbiamente migliori di lui. Ma in quel momento era solo, e probabilmente lo sarebbe stato fin troppe volte per cercare di liberare, seppur in minima parte, la sua forza più devastante, e la sua natura più nascosta.
In balia di sé stesso, si lasciava guidare dall’istinto, ma quando doveva fare attenzione a non ferire accidentalmente la sua momentanea partner durante una qualche battaglia, doveva frenarsi, e ci riusciva più che bene.
Spesso si trattava solo di rispondere alla voce gioviale e allegra che aveva la sua coscienza, una voce dal vago sapore zuccheroso che associava immediatamente al timbro vocale di sua madre, anche se gli anni trascorsi forse avevano mutato in un qualche modo il suo tono all’interno della sua testa.
In fondo non era importante, gli bastava poter sentire quel dolce suono nella sua mente per riuscire a placare la furia.
Non si privava della trasformazione nella sua forma demoniaca, soltanto riusciva a mantenere integra la sua anima nel momento esatto in cui forza e potere avevano tutte le capacità per trascinarlo ben oltre il baratro.
Menava fendenti e mozzava le teste dei demoni come deboli fiori da giardino, il sangue nero che zampillava impetuoso dalle loro ferite sui suoi vestiti, i loro versi grotteschi che quasi cercavano di impressionarlo.
Non c’era stato alcun nemico che fosse riuscito a sopravvivere alle sue capacità. Né infidi mostriciattoli inferiori, né improbabili re degli Inferi che osannavano il loro potere ed il loro rango come ridicoli scolaretti.
Lui era incredibilmente ed inspiegabilmente forte, e forse indagare oltre sulla sua potenza non era proprio ciò che doveva fare.
Punti deboli non ne aveva, anche se forse era meglio specificare che non se ne potevano trovare nel suo corpo. Coloro che conosceva, coloro che aveva imparato ad amare con il tempo e con la forza d’animo: loro erano i suoi punti deboli.
Anche la nuova cameriera che lavorava nel suo locale preferito poteva diventare un facile bersaglio per i suoi nemici, e quindi l’idea di fondo era quella di lasciar perdere qualunque genere di relazione con un semplice umano privo di protezione.
Troppe morti sulla coscienza, troppi pensieri a cui dare un senso, e la colpa che aleggiava come nebbia all’interno del suo spirito.
Talvolta la sentiva soffocante e densa come una tempesta di sabbia, gli bloccava il respiro e rendeva tutto invisibile, impossibile da poter davvero toccare. Se c’era stato un tempo in cui legarsi a qualcuno era stato perfino spontaneo, in quel momento non riusciva nemmeno a pensare all’eventualità di creare una relazione.
La solitudine forse lo avrebbe strappato ad ogni materialità, e da un certo punto di vista era proprio ciò che doveva fare. Ma nell’uomo era insita la paura dell’ignoto, e lui in fondo poteva negare agli altri quanto temesse la fine dei suoi giorni.
Il suo corpo invecchiava, seppur più lentamente rispetto ad un qualunque umano, ma era un dato di fatto. L’età procedeva in ogni caso, ed anche se lui continuava a non sentirne il peso sulle spalle, sapeva bene che prima o poi la sua metà mortale sarebbe giunta al capolinea.
E allora cosa sarebbe rimasto di lui? La metà demoniaca avrebbe preso il sopravvento? Avrebbe finito con il diventare il mostro che tanto temeva, che tante volte, fin troppe volte all’inizio della sua presunta carriera, aveva osservato strappare i cuori ancora pulsanti di vita dai suoi nemici immortali?
Oppure sarebbe semplicemente diventato cenere, per poi sparire nel vento, dissolversi come polvere in un viaggio turbinante attorno al mondo che in qualche modo stava cercando di rendere più libero?
Talvolta si chiedeva se ne valesse la pena.
Combattere, ovviamente. Più demoni uccideva, più il suo lavoro sembrava aumentare. Non era una novità sapere che l’Inferno stesso voleva la sua anima per poterlo torturare eternamente. Forse aveva anche paura di questo, di ciò che poteva esserci dopo.
Di certo, non era gradevole l’idea di vivere la propria spirituale eternità tra le fauci ardenti di quei mostri che volevano straziare la sua essenza incorporea.
Ma in fondo dove altro poteva finire, dopo? Era un mezzosangue, un ibrido, e la sua metà umana era stata contaminata fin dalla nascita dalla sua natura infernale.
Semmai il Paradiso fosse davvero esistito, l’accesso a quel luogo gli era stato negato fin dalla nascita.
Pensieri che sapevano di veleno, che bruciavano nelle sue vene come fuoco, dandogli fin troppo spesso la sensazione di marcire dall’interno, senza alcun rimedio al suo male.
Per quante vite umane avesse salvato e protetto, per quante vite demoniache invece avesse ucciso e punito, la sua anima era con ogni probabilità condannata.
Ma allora perché continuava a svolgere il suo compito, se sapeva bene che non avrebbe mai cambiato nulla?
La risposta era quasi semplice da trovare, la poteva sentire nell’aria come un odore stantio di lercio e orrore, appena stemperato dal caldo tepore del profumo umano.
I suoi piedi perfettamente coperti dai lunghi stivali iniziarono a procedere più spediti, fiutando il male come un cane da caccia ben addestrato. Il lungo giaccone quasi gli dava la sensazione di indossare un mantello, ma erano i pesi delle sue armi a renderlo particolarmente tranquillo.
Più si muoveva tra i vicoli e le stradine, più sentiva quella puzza nauseabonda, insieme al lieve sentore di gelsomino che si spandeva nell’etere.
Comprese all’istante cosa stava succedendo, e si affrettò a non perdere altro tempo.
Prese a correre veloce, balzando svariate volte per superare sacchi dell’immondizia e altre cianfrusaglie sparse per la zona. Dovette addirittura superare la carcassa di una vecchia macchina per poi atterrare perfettamente sull’asfalto e proseguire in direzione del richiamo che sentiva.
Giunse in prossimità di uno spiazzo, avvertì il ticchettare continuo di un paio di tacchi sul marciapiede opposto e scrutò oltre la strada per vedere un’esile figura femminile vestita di un abitino estivo camminare nervosamente; la donna aveva percepito un certo pericolo, un disagio ben comune che in ogni caso non poteva davvero metterla in guardia dal probabile nemico che la stava braccando per nutrirsene.
Respirò il suo profumo, era ben capace di sentirlo anche a quella distanza. Storse il naso, perché i demoni che aveva fiutato dovevano essere ben più vicini di quanto gli era parso inizialmente: quella puzza era inconfondibile.
Si mosse nell’ombra, cercando di essere silenzioso e tranquillo, in modo da non farsi vedere dalla giovane incauta. Proseguì nella direzione opposta, infilandosi velocemente nella penombra creata dai palazzi.
Non vi erano lampioni accesi lì, e la luce della luna aveva delle ovvie difficoltà a raggiungere il vicoletto. Non era un problema, in ogni caso. I suoi occhi avevano capacità che andavano ben oltre la semplice vista.
Si fermò non appena uno strano silenzio, pressante e cupo, gli si creò attorno, come se il suo corpo fosse improvvisamente entrato in una bolla d’aria, dove nemmeno quel classico fischio continuo e fastidioso era presente.
Gli sfuggì un sorriso sardonico, perché aveva capito cosa stava succedendo. Ne ebbe la conferma non appena attorno a lui cominciarono a spuntare dalle ombre più nette della stradina occhietti gialli e brillanti, seguiti da versi sibilati nel vento estivo.
Allungò una mano fin oltre la sua spalla, mentre sentiva l’adrenalina caricargli i muscoli e le membra con rinnovata energia. Fece un lungo respiro, in modo da poter capire quanti demoni ci fossero. Impossibile effettivamente dirlo con certezza, ma era certo che si trattassero di mostri inferiori.
Il primo cercò di sorprenderlo attaccandolo frontalmente. Avevano un aspetto vagamente animalesco, si muovevano sui quattro arti e schioccavano le mascelle come bestiacce affamate.
Lui fece ruotare la Rebellion senza esitazione, dividendo a metà il corpo del mostro e spruzzando la parete vicina con un affresco di sangue nero.
Si preparò a fare la stessa cosa con altri tre demoni vicini che si erano mossi di soppiatto alle sue spalle. Li colpiva con precisione millimetrica, sentendo montare debolmente la ferocia che poteva in qualunque momento sprigionare una forza devastante.
Attorno a lui grugniti di sfida e di dolore si diffondevano come un nuovo canto, a cui presto poté abituarsi, come trovando un ritmo nella battaglia grazie al quale riusciva a muoversi nella sua speciale danza della morte.
Sentiva la fetida puzza dei loro corpi aumentare quando la sua lama lacerava la loro carne, sentiva un calore tanto strano quanto familiare propagarsi dall’interno del suo fisico ogni qual volta che i suoi muscoli spezzavano l’esistenza di quelle creature immonde.
Si muoveva tra i demoni con velocità, schivava i loro attacchi per poi finirli con un’abile stoccata, assaporava la vittoria su ciascuna delle sue vittime, e quasi ne godeva in maniera perversa.
Poteva semplicemente sentire la sua natura più dannata pressare come una carezza parsimoniosa, attorcigliarsi attorno al suo cuore e a poco a poco stringere la presa. La avvertiva, ma sapeva ormai bene come controllarla.
Lo percepì all’improvviso, un urlo femminile che si propagò nell’aria come una flebile condanna. Si ridestò in un attimo dal torpore creato dal sangue nemico, si fece largo tra i demoni, sbaragliandoli lontano con la Rebellion, e ritornò nuovamente nello spiazzo, per poi proseguire oltre, inseguito dai mostri che aveva lasciato indietro.
Riuscì a distanziarsi abbastanza da loro, proprio per avere il tempo necessario per infilarsi in un’altra strada e cercare con gli occhi la giovane donna che aveva cercato di salvare prima.
Il suo sguardo si indurì non appena la scorse vicino ad un cumulo di rifiuti, il corpo straziato sul davanti da un lungo sfregio che assomigliava ad un’artigliata profonda e mortale. Il viso era nascosto nell’ombra, e quasi fu grato di non riuscire a percepire appieno gli occhi sbarrati dal terrore e la bocca aperta in un grido silenzioso, sporca di sangue.
Si girò non appena comprese che i demoni lo avevano raggiunto nuovamente, pronti a ingaggiare con lui una battaglia che per quella notte aveva già compiuto il suo sporco lavoro.
Le mani andarono spontaneamente alla cintura, quasi come se fossero guidate da una mente diversa, vogliosa di vendetta e di morte.
Ebony e Ivory brillarono cupamente alla luce della luna, le dita protette dai guanti che si serrarono automaticamente attorno alle impugnature delle sue amate pistole. E poi lo schiocco dei grilletti diede ancora una volta il via a tutto, sovrastato dal tonante rombo dei primi proiettili che partirono dalle canne delle armi semi-automatiche.
Poté sentire lo sfrigolio della carne bruciata, quel lieve rumore attutito che indicava soltanto una buona mira sul bersaglio. L’odore di olio lubrificante che fuoriusciva dalle sue due pistole lo fece sorridere, quasi come il rivedere un vecchio compagno di giochi nel momento più adatto.
Si liberò i polmoni dal profondo grugnito che gli era cresciuto nel petto non appena aveva visto il corpo straziato della povera donna. Sentiva l’odore del suo sangue, e lo percepiva in un qualche modo distorto, diverso, come se già, nei brevi minuti in cui era stata uccisa, i demoni si fossero avventati su di lei con le fauci colme di nauseante saliva.
L’avevano contaminata, nella sua bellezza e nella sua purezza. L’avevano violata della vita e dello splendore che possedeva innatamente, nutrendosene senza cura, senza rispetto, solo con sofferenza e paura.
Il sapore del terrore rendeva il corpo umano un prelibato piatto di piacere e ingordigia, e i demoni erano molto bravi a spaventare le loro prede.
Bastarono quei pensieri a renderlo incredibilmente nervoso e agitato, desideroso di completare il suo lavoro quella notte il più velocemente possibile.
I mostri si ritrovarono del suo stesso parere, perché lo attaccarono all’unisono dopo averlo circondato, incapaci di comprendere che non sarebbe servito a nulla cercare di colpirlo alle spalle.
Uccidere le immonde creature che stava affrontando era quasi come tenere il conto delle pecorelle nel momento antecedente al sonno. Una dozzina, una ventina, improvvisamente quasi una trentina.
Il fiato non gli mancava, il corpo non si stancava, l’adrenalina continuava a nutrire il suo fisico incessantemente, e la bestia assetata di sangue che regnava nel suo petto in quegli attimi orrendi gioiva nel sentire a poco a poco ogni demone spezzarsi dinnanzi alla sua furia.
Fu in un imprecisato momento di stallo mentale che si rese conto che qualcosa non andava. Uno strano addensamento di energia lo avvolse in un secondo, mentre qualcosa strisciava alle sue spalle silenziosamente.
Non riuscì a girarsi in tempo a causa degli altri demoni che lo avevano sorpreso con un attacco simultaneo. Prima sentì lo stupore montargli dentro come un torrente impetuoso, ma dopo di esso avvertì il dolore, pulsante e ferocemente ammaliante.
Non sentì subito il suo corpo che veniva sollevato, la Rebellion gli cadde al suolo in un tintinnio di acciaio e metallo. Mosse la testa quasi con difficoltà in modo da guardare bene cosa stava succedendo al suo petto.
Artigli lunghi e affilati gli fuoriuscivano dallo sterno grondanti del suo sangue rosso cremisi, stretti sulle punte e sempre più spessi mano a mano che si avvicinavano all’arto da cui partivano.
Era stato trapassato da parte a parte, e quella vista quasi gli causò un’ilarità furibonda, violenta.
Gli artigli si ritrassero così come erano spuntati, facendolo scivolare a terra sulle ginocchia, mentre una mano già si muoveva veloce verso l’impugnatura della Rebellion; l’afferrò prontamente, trovando sostegno nel sollevarsi puntando la lama contro l’asfalto.
Sollevò lo sguardo, e quasi scoppiò a ridere nel scorgere la figura femminile vestita con l’abitino estivo intenta a ghignare malignamente con una bocca decisamente sformata dalle fauci demoniache. Le sue braccia, che ricordava nude e sicuramente morbide al tatto, erano diventate un fascio di muscoli color carbone con striature rosse, e le sue mani si erano trasformate in quegli artigli che gli avevano quasi spezzato la spina dorsale, perforato i polmoni, e per poco anche il cuore.
Lui arricciò le labbra in un sogghigno divertito, quasi incuriosito dalla particolare tattica che quei demoni avevano usato quella notte: era stata una trappola bella e buona, guidata da una creatura infernale che non era poi tanto inferiore. Ora si spiegava il perché di quell’odore strano, contaminato, corrotto.
Si alzò in tutta la sua statura, portando la spada su una sua spalla e scrollandosi di dosso la fastidiosa sensazione del suo fisico che si rigenerava velocemente.
Era stata una ferita decisamente complessa, ma ci voleva ben altro per ucciderlo, o anche semplicemente per indebolirlo al livello che quei mostri avevano desiderato.
:-Sento di questa notte l’acre sapore della morte, e tutti quanti voi, oggi, sarete il mio pasto.-
La voce gli era uscita roca, diversa, profondamente contorta. Il suo sguardo azzurro aveva brillato di malizia, e la sua espressione faceva promesse proibite, come di un momento intimo che non poteva essere visto, se non pregustato nel buio, nell’oscurità.
La figura che un tempo aveva avuto l’aspetto di una fragile ragazza si ritrovò a ridere con latrati sguaiati e perforanti, irritanti nel loro suono grottesco. Il suo corpo tremava negli spasmi di una trasformazione che lo stava rendendo tanto ripugnante quanto spettacolare.
Le gambe si fecero robuste e irte di aculei che secernevano un probabile veleno neurotossico; il busto si stava piegando con forza in avanti, le ossa che si spezzavano e si rimodellavano secondo il suo vero aspetto, alcune che presero posto nella sua schiena come formidabili spuntoni; le braccia restarono come le aveva già viste, mentre il viso perse la fulgida chioma bionda in un rapido svanire di ciocche, gli occhi si fecero stretti e felini, colorati di rosso, e la bocca si tramutò sempre di più in un muso animalesco e ghignante; il collo si allungò di un paio di metri, robusto come il tronco di un albero.
Alla vista di quell’immonda creatura, un lungo brivido di eccitazione gli percorse la schiena, spronandolo finalmente all’azione, al suo compito.
Alcuni demoni inferiori lo attaccarono, trovando la morte con rapide stoccate, senza che il giovane cacciatore ne venisse distratto. La sua attenzione era totalmente calamitata sul mostro che aveva osato tanto contro di lui.
Il respiro gli uscì pacato e profondo, come se non si trovasse davvero dinnanzi ad un demone che per certo aveva il suo buon rango all’Inferno. Non provava né timore, né agitazione, si sentiva completamente padrone di sé stesso, ben conscio che anche senza le sue armi sarebbe stato capace di torcere quel collo robusto a mani nude.
La sua forza si attorcigliava nel suo stesso ventre, rendendolo profondamente incauto, forse sfacciato, forse oscenamente potente. Avvertiva scorrere dentro di sé la calda frenesia della lotta, la viscerale voglia di vincere, il tenero attaccamento a quella dannata vita terrena.
E in un balzo che poteva significare ogni cosa, o perdere all’improvviso ogni senso, il cacciatore sferrò un colpo con la sua lama.
Nel cuore della notte, nella tragica irrealtà di quel momento, non contava altro che sprofondare nell’oblio.

Tornò nel suo studio sporco di sangue nero e di sangue rosso.
Si liberò della Rebellion, poggiandola vicino all’attaccapanni, facendo creare sul pavimento una fastidiosa macchiolina scura che poi avrebbe dovuto pulire quasi senza sforzarsi troppo. Ripose le fondine ascellari contenenti Ebony e Ivory sul tavolo grande, ben attento a mettere la sicura a entrambe.
Si spogliò del giaccone lungo, tirandolo malamente contro un aggancio, senza successo, vedendolo appena con la coda dell’occhio stropicciarsi sul pavimento. Camminò massaggiandosi il collo con una mano, avvicinandosi al divano. Si voltò con malagrazia e si lasciò sprofondare nel morbido tessuto di pelle.
Accavallò una gamba sopra l’altra e si rilassò contro lo schienale, piegando il viso verso il soffitto, chiudendo gli occhi e assaporando il silenzio di casa sua.
Respirò a lungo, lentamente, contando impercettibilmente ogni fiato che entrava e che usciva dal suo petto. Si concentrò così tanto su quel gesto che quasi dimenticò il sapore dell’adrenalina che ancora gli scorreva dentro.
I muscoli non gli dolevano, le ferite che aveva ricevuto erano ormai guarite perfettamente e la sua mente stava cercando una valida gioia da provare per quell’ennesima battaglia vinta.
Non ne fu capace, non fu in grado di vederci davvero quella felicità che avrebbe dovuto sentire, che un tempo sentiva perfettamente.
Poi le sue tempie pulsarono un poco, sorprendendolo, facendogli capire subito che stava per sopraggiungere ciò che forse anelava davvero, quella voce femminile che sembrava poterlo cullare, proprio come quando era un bambino.
E’ tutto a posto, Dante. Sei stato bravissimo.
Gli sfuggì un sorriso laconico, che sfigurò la sua bocca in un muto lamento. Si chinò nuovamente in avanti, portando le mani contro le ginocchia.
I suoi capelli, come fili di perle bianche, celarono il mondo dietro ad un drappeggio d’avorio.
Nascosero due lacrime, brucianti come solo il mare sa essere.
Se piangi, vuol dire che sei vivo. Se ridi, vuol dire che sei vivo. Se soffri, vuol dire che sei vivo. Se ami, vuol dire che sei vivo. Se muori, vuol dire soltanto che ce l’hai fatta, Dante, ed è questo ciò che conta davvero.

***



Bhé... spero che questa one-shot possa essere stata di semplice gradimento. Nel momento esatto in cui l'ho conclusa, mi sono sentita terribilmente soddisfatta, ed in fondo va bene così, per me.
 
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Rambo 89
view post Posted on 21/3/2010, 12:03




Io voto questa FF perchè ad ogni rigo mi sentivo sempre più immerso nella storia. Adoro come Dulcia descrive le scene, se un giorno scriverà un libro sarò il primo a comprarlo :)
 
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Raziel_Angel
view post Posted on 23/3/2010, 00:52




Io voto questa fanfiction perchè mi sono sentita nel vicolo insieme a Dante, le descrizioni sono ricche senza essere pesanti, si viene catapultati nella testa del cacciatore di demoni in modo veritiero :)
 
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Miaka_koe
view post Posted on 23/3/2010, 21:38




Io voto questa fanfiction perché è assulamente fantastica! Oltre al fatto che adoro Devil May Cry e mi sono impersonata perfettamente nel personaggio...il mondo di scrivere di Dulciamara è assolutamente perfetto e riesce a farti immergere nel mondo che crea. <3
I miei complimenti!
 
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Tiisaibakaneko
view post Posted on 24/3/2010, 11:12




voto questa FF xkè descrive ogni sensazione in maniera assurda..ho i brividi..
riesce a catapultarmi dentro il gioco...
(fai una FF su me e dante almeno mi catapulti li :adore:
COMPLIMENTONI
 
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Monkeyqueen
view post Posted on 24/3/2010, 17:30




io voto questa ff perchè....è assolutamente FAVOLIZIOSA! xD
mi è piaciuta davvero un sacco!
complimentoni :bacini:
 
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angel-uzumaki
view post Posted on 24/3/2010, 22:04




voto questa fanfiction ,xchè mi ha coinvolto molto e e capisco bn il personaggio
 
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yurion
view post Posted on 25/3/2010, 10:43




voto questo ff perchè l'autrice ha affrontato un argomento di dmc molto interessante:cosa pensa dante del fatto di essere un "mezzosangue"
cosa che mi sono kiesto pure io durante i vari dmc.
sembra quasi che lo conosca di persona.....
 
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Alexy
view post Posted on 28/3/2010, 04:00




Io voto questa fanfiction perché trovo che sia una delle migliori che io abbia mai letto su Devil May Cry. Il punto di vista di Dante viene analizzato in un modo così vivido e personale che onestamente non posso negare di essermi totalmente immersa nel racconto, e poi la scena action è davvero incredibile.
Adoro questo videogame in maniera assurda, quindi non ho potuto decidere altrimenti, anche se tutte le altre ff sono scritte davvero bene. ^^
 
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cellicom
view post Posted on 28/3/2010, 12:37




Io voto questa fanfiction perché trovo che sia scritta molto bene e immerge il lettore nella storia. I sentimenti espressi e le azioni compiute da Dante vengono delineati alla perfezione nella loro semplice complessità.
 
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PyramidHead85
view post Posted on 31/3/2010, 10:58




Premettendo che anche io sono un ragazzo che si dedica alle ff, ho scoperto il contest grazie ad Alexy. Ad essere sincero, di alcune storie in concorso non conoscevo l'argomento trattato, oppure non mi interessavano particolarmente certe one-shot (c'è da dire però che sono scritte davvero bene, soprattutto quella di Elettra Eyre e drocell; )
Voto questa fanfiction perché tratta di Devil May Cry in un modo nuovo e stimolante, è uno di quei giochi che o lo apprezzi, oppure lo snobbi alla grande.
L'autrice è riuscita a scavare a fondo nel protagonista, mettendo alla luce un lato della sua personalità che difficilmente si riesce a scorgere durante l'avventura videoludica.
Timori e paure che in un qualche modo rendono, a mio avviso, Dante molto umano.
In ogni caso, la lettura è stata scorrevole, anche se non sono mancate quelle parti un po' pompose, arricchite con termini inusuali. La grammatica è, secondo il mio parere, corretta e ben gestita (sembro quasi un professore di italiano! XD)
Quindi, non mi resta che complimentarmi con Dulciamara per il bellissimo racconto (al prossimo contest però parteciperò pure io, eh? XD)
 
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VincentNight
view post Posted on 1/4/2010, 12:11




Io voto questa fanfiction perchè... l'adoro! *_* è riuscita a immergermi nella storia.. *-* ed e anche scritta in modo eccellente!** e poi adoro DMC.. u_u''

Dulci sei davvero brava! *_* in futuro voglio leggerne altre eh! XD
 
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cartacciabianca
view post Posted on 3/4/2010, 00:22




Io voto questa fan fiction perché mi sono sentita trascinare nei pensieri di Dante come solo un'immensa padronanza del potere della scrittura è in grado di fare. La grammatica è eccellente, e la vicenda coinvolge fino al midollo...
DMC ti rende grazia di questo splendido dono u.u
 
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Dulciamara
view post Posted on 4/4/2010, 22:42




Dato che ormai il contest è finalmente chiuso (ALLELUJA!), ringrazio tutti coloro che mi hanno votata. Ho apprezzato davvero molto il vostro appoggio, e grazie a voi è come se fossi arrivata ad un ipotetico secondo posto (onestamente non ci contavo nemmeno). XD
 
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13 replies since 15/3/2010, 02:32   271 views
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